Anna Ronchi

Simonetta Ferrante dipinge la scrittura

Negli ultimi anni abbiamo avuto la fortuna di veder nascere anche in Italia alcune personalità importanti nel campo della calligrafia. Simonetta Ferrante si inserisce bene in un quadro che è da intendersi in modo molto più ampio di quello che il termine ‘calligrafia' rievoca per la maggior parte delle persone. Non solo e non più esercizio di "bella" scrittura ma arte della scrittura "espressiva". Potremmo disquisire a lungo sulle definizioni, in Gran Bretagna (paese custode della tradizione calligrafica) si è sempre riflettuto molto sul rapporto tra testo e immagine, sulla leggibilità, sull'appropriatezza delle forme, discussione poi conclusasi nella diatriba arte–arte applicata ("art" opposto a "craft").

Si è verificata una frattura fra coloro che erano stati allievi degli allievi di Johnston e coloro che avevano invece subito altre influenze, per aver finalmente osato attraversare la Manica e seguito corsi sul continente, per aver visitato un museo come quello di Offenbach am Main (Francoforte) con la sua meravigliosa raccolta di opere di Koch, di Schneidler, di Poppl, di Spemann e di due donne che potrebbero piacere molto a Simonetta come Christine Hartmann e Eva Aschoff.

Questi calligrafi dell'ultima generazione hanno incominciato ad accorgersi della bellezza insita nelle forme più povere, meno educate e formali e hanno naturalmente subito l'influenza della scuola tedesca, il cui pioniere Rudolf Koch mostrava una dedizione assoluta al testo: sua la celebre frase "Il calligrafo è il servitore, il testo è il padrone" eppure scriveva testi sacri come i Vangeli con un'eccezionale libertà e spontaneità. Sempre al servizio del testo, in questo caso al servizio di Dio quando interpretava i Vangeli ma calato nel suo tempo poiché il suo "goticissimo" e nerissimo Fraktur mostrava tutta l'inquietudine della sua epoca (era da poco finita la prima guerra mondiale).

Koch tesseva pagine di scrittura, tanto con la penna quanto con altre tecniche, infatti nel suo laboratorio "Schreibwerkstatt" si realizzavano manufatti con molte tecniche tra cui la tessitura. Grazie alla forza espressiva del suo lavoro nacque in Germania una tradizione di calligrafia e creazione di lettere che non si sentiva vincolata ad alcun dogma. Nella principali città della Repubblica Federale Tedesca lavoravano vari artisti che individuarono nel gesto calligrafico una fonte di ispirazione inesauribile. Questi produssero una varietà di forme al limite della riconoscibilità come lettere.

Anche in Repubblica Democratica Tedesca ci fu la stessa se non una maggiore libertà e indipendenza dai codici e dalle convenzioni. Alcuni libri pubblicati a Lipsia ci hanno permesso di vedere fortissime e drammatiche lettere incise e stampate dal legno, primordiali e potenti come potevano esserlo solo nel medioevo all'inizio della storia del libro e poi tante scritture personali composte in maniera fluida, organica (talvolta non c'erano neanche linee dritte).

Finalmente la discussione per individuare quale fosse l'ambito della calligrafia e chi in definitiva avesse i titoli per praticarla, si è spenta, superata dai fatti. I calligrafi non hanno smesso di lavorare e di creare esempi entusiasmanti e nuovi che dimostrano che calligrafia può esser tutto ciò che è scritto a mano (ora è superato anche questo limite) offrendoci lettere senza più riferimento storico, presentandoci un segno che parla, che esprime qualità, emozioni, racconto.

Lo stesso percorso è stato fatto in Italia, in ritardo e su scala più piccola ma con il vantaggio di poter analizzare e trarre profitto sia dal nostro patrimonio storico, sia dal revival calligrafico di inizio Novecento, sia dalle numerose tendenze contemporanee tra cui devo annoverare anche l'opera di Thoms Ingmire che ha insegnato in Italia grazie all'Associazione Calligrafica Italiana e che ha molto influenzato Simonetta.

Simonetta Ferrante è l'esponente di una pittura di segni, che sono parti di lettere, reminiscenze di calligrafia.

Simonetta è frutto dell'incontro tra la pittura (e le arti grafiche) e la calligrafia. I suoi lavori mostrano un amore per la poesia, per il testo, ma contemporaneamente un'insofferenza verso la lettera che, nella sua meticolosa costruzione, le sta stretta. Ne rifiuta l'aspetto geometrico e calcolato per abbracciare solo l'imprevisto della traccia, la fluidità e la dolcezza di simboli che sono sempre rotondi, naturali per la mano e il braccio intero.

Viene in mente l'affermazione di William Morris "Letters should be designed by an artist and not an engineer" con la quale metteva in guardia da un uso troppo specialistico e freddo della lettera.

La particolarità di Simonetta è di dipingere la scrittura e di aver trovato perciò un mezzo unico per stratificare, ombreggiare ed illuminare, creare movimento, spazio e colore. La poesia con la sua musicalità, i suoi momenti intensi e vibranti, con le emozioni, i sentimenti e le passioni, è tutta nella scrittura astratta di cui si serve Simonetta. Una scrittura astratta fatta di pennellate morbide oppure di segni più taglienti dovuti alle varie penne, trasformati poi sotto l'azione dall'acido che incide la lastra. Simonetta, per aver studiato a Londra alla Central School of Saint Martins ha rischiato di crescere nella pura tradizione inglese invece, essendosi accostata solo in un secondo tempo alla calligrafia ha mantenuto la sua personalità e di questo le saranno grati i giovani che in Italia nel futuro abbracceranno la calligrafia.